Ogni anno a settembre mio Padre organizzava un viaggio, che era poi la sua vacanza. Quell’anno, il 1964, dovevamo andare in Francia e mio padre decise di fermarsi a Genova per far visita alla sorella, all’epoca ci volevano un paio di giorni di viaggio.
Partimmo in auto, una Simca 1000 che mio padre aveva acquistato dopo aver rottamato la cinquecento. Ogni anno quei viaggi erano per me, allora bambino, la chiusura delle mie vacanze prima del ritorno a scuola: un’avventura attesa e meravigliosa.
Seduto sui sedili posteriori guardavo il mondo scorrere davanti ai miei occhi, dal vetro posteriore il paesaggio si allontanava e gli occhi si riempivano di stupore.
Sino a Roma percorremmo l’autostrada del Sole, per poi prendere l’Aurelia e risalire lungo la costa tirrenica. Ci fermammo a dormire a Pisa due notti così da dedicare un intero giorno alla visita della città. Quando ripartimmo con destinazione Genova mio padre sapeva che avremmo dovuto affrontare, dopo essere giunti a La Spezia, la salita del Passo del Bracco per raggiungere Sestri Levante. Lungo quella salita aleggiava il ricordo dell’incidente stradale, fortunatamente senza vittime, che aveva coinvolto la famiglia di mia zia Marisa e che aveva interrotto di un alcuni giorni il loro viaggio verso Napoli. Il passaggio su quel passo si faceva con trepidazione e grandi sofferenze per chi mal sopportava l’automobile. Giunti a Mattarana ecco il Passo a seicentoquindici metri sul mare che vedevi in lontananza.
Da Sestri Levante si proseguiva sempre sull’Aurelia sino ad attraversare Genova per terminare la nostra tappa a Sestri Ponente, quartiere operaio di antica tradizione socialista e cattolico sociale, dove viveva mia zia.
Gli anni successivi quel percorso in auto fu agevolato da nuove strade, gallerie e viadotti.
Correva l’anno 1965, arrivò “La sopraelevata”, l’inaugurazione della strada avvenne il 25 agosto: il Presidente del Consiglio all’ora era Aldo Moro. Il Ponte Morandi ancora non c’era. La sopraelevata alleggerì molto il traffico interno alla città che era attraversata da auto e camion provenienti o diretti in Francia. Anche quell’opera fu oggetto di critiche, comprensibili: un vero pugno nell’occhio quel viadotto che ancora oggi taglia alla vista il porto e l’intero golfo di Genova. Ma non era l’epoca dei NoTav, altro era lo spirito e il senso comune: si guardava al futuro e si lasciava alle spalle la distruzione della guerra.
Sulla riviera di ponente procedevano i lavori dell’ A10, l’Autostrada dei Fiori, un’autostrada pericolosa a tre corsie, la corsia centrale era destinata al sorpasso per i due sensi di marcia che erano regolati con le sole linee di mezzeria. L’A10 inizialmente da Albisola portava al quartiere Prà ad occidente di Genova.
Noi vedevamo il progredire dei lavori e, lungo il torrente Polcevera, la costruzione di un Ponte fantasmagorico.
Correva l’anno 1967 quando il 4 settembre quel Ponte, incantevole prodotto dell’ingegno umano, fu inaugurato. L’A10 da Prà raggiunse così Pegli e il Casello di Genova ovest. Avendo portato a termine anche i lavori tra Albisola e Savona, finalmente Genova era collegata in autostrada con Savona e successivamente con Ventimiglia.
Lentamente intanto, sulla riviera di levante, negli anni a seguire sarebbero proseguiti anche i lavori dell’A12, che avrebbe dovuto collegare Genova con Roma, cosa mai realizzata. Ancora oggi si ferma a Cecina.
Ci toccò attendere il 1975 quando, aperto il collegamento da Sestri Levante fino a La spezia, potemmo risparmiarci la lenta e pericolosa salita sul Bracco.
Un viaggio in auto, che allora durava due giorni, si ridusse a un viaggio di una sola giornata, oggi che tutta la rete è terminata, in massimo sette ore da Napoli raggiungi Genova.
Erano gli anni del progresso, gli anni della speranza e del futuro, noi crescevamo consapevoli che l’anno a venire sarebbe stato migliore: avremmo avuto nuove strade, automobili migliori, guadagni superiori.
Genova per noi era l’Alta Italia, città moderna e avanzata nei costumi. Ma di questo, se sarà il caso, racconterò un’altra volta.
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